Sempre.
"Sempre"
è una parola grossa ma con lui mi pareva meno importante e,
addirittura, nemmeno troppo impegnativa.
Con
lui "sempre" non era solo un mastodontico vocabolo, ma
qualcosa di più quotidiano.
Con
lui "sempre" era roba di tutti i giorni e non occasionale.
Il
modo in cui mi guardava negli occhi era "sempre".
Il
modo in cui mi accarezzava era "sempre".
Il
modo in cui posavo la sua mano sulla mia guancia per tenerlo su di me
era "sempre".
Il
modo in cui mi baciava era "sempre".
Il
modo in cui si prendeva cura di me era "sempre".
Il
modo in cui mi faceva sdraiare sulle sue ginocchia quando ero stanca
era "sempre".
Il
modo in cui mi abbracciava era "sempre".
Il
modo in cui facevamo l'amore era "sempre".
Con
lui mi sembrava sempre di raggiungere l'infinito e farci un tuffo
dentro e immergermici fino alla testa.
Con
lui tutto era "sempre".
Una
certezza.
Una
carezza protettiva.
Un
infinito senso di pace.
Casa.
Lui
era il mio "sempre".
Lui
era il mio uomo.
Mi
strinse forte tra le braccia e me lo disse in un orecchio.
«Sempre,
piccola mia».
Non
potei fare a meno che sorridere.
Sempre.
Era
inevitabile.
Sorridere,
intendo.
Con
lui non si poteva fare altro che sorridere.
Presi
la sua mano e la posai sulla mia guancia, vicino alle mie labbra, per
trattenere un po' di quel sapore nella pelle e un po' di quel profumo
nelle ossa.
per
poterlo ricordare sempre.
Chiuso
gli occhi mentre lui posò le sue labbra tra i miei capelli.
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